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02/04/2013
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Primaria
"Cittadinanza e Costituzione": insegnamento obsoleto?
01/01/2012 (FACOLTATIVA)

Evidentemente questo insieme di valori si è venuto modificando nei 150 anni di storia del nostro Paese, fino a trovare un riferimento fondante nella Costituzione repubblicana del 1948 e nell’insieme di principi di convivenza democratica ad essa connessi.
L’area di insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” ha inteso recuperare tale patrimonio valoriale assumendolo come riferimento per qualificare la formazione scolastica: con il primo termine si voleva indicare “la capacità di sentirsi cittadini attivi, che esercitano diritti inviolabili e rispettano i doveri inderogabili della società di cui fanno parte” e con il secondo riferirsi al “documento fondamentale della nostra democrazia da cui trarre una mappa di valori utile per esercitare la cittadinanza a tutti i livelli”. Da qui l’analogia con l’anniversario dell’Unità d’Italia, il quale, dietro la retorica di facciata e il profluvio di iniziative e celebrazioni di cui siamo inondati in queste settimane, è stato teatro di aspri scontri politici ed ideologici, culminati nel deprimente balletto su “festività sì/festività no” a cui abbiamo assistito nei mesi scorsi. Balletto che ha rappresentato la cartina di tornasole, più chiara di tante parole, dell’ambivalenza con cui il nostro Paese ha vissuto questo anniversario e delle forti tensioni che indeboliscono l’identità nazionale e il comune riconoscimento in valori condivisi. C’è voluto Benigni, ovvero un comico, per far commuovere gli italiani di fronte al proprio inno nazionale...
Cittadinanza e Costituzione rischia di fare la fine del centocinquantesimo anniversario, ovvero diventare un’espressione vuota di significato e riempita solo di affermazioni retoriche?
Il dubbio deriva dal constatare la distanza siderale che separa lo spazio semantico evocato da Cittadinanza e Costituzione e il triste spettacolo a cui assistiamo giornalmente di scempio delle nostre istituzioni democratiche e dei valori della convivenza civile: violazioni dei principi costituzionali di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di rispetto delle regole democratiche, lotta aperta tra magistratura e governo o tra governo e Parlamento, spinte secessioniste e prevalere di interessi localistici tra loro contrapposti. E la scuola, come può predicare valori costituzionali e di cittadinanza in un contesto sociale e politico di questo genere?
È questa la contraddizione fondamentale che si vuole mettere in evidenza: la scuola pubblica non ha la forza di rappresentare un insieme di valori diversi ed antagonisti rispetto a quelli espressi dal contesto politico e sociale che l’ha istituita.
Con quale faccia un insegnante può parlare di convivenza democratica e principi costituzionali? Quali esempi può richiamare della nostra attualità politica? Come possono le sue parole non suonare retoriche e “vecchie” di fronte al nuovo che avanza? Chiunque si occupi di formazione conosce il valore educativo della testimonianza, soprattutto quando sono in gioco valori e comportamenti morali o sociali: non sono le parole, ma i comportamenti che parlano in questo campo. Anzi, se ci troviamo di fronte a messaggi contraddetti dalle azioni concrete l’effetto boomerang è assicurato, oltre alla perdita di qualsiasi credibilità.
In che modo un insegnante può richiamare un principio di uguaglianza e di responsabilità personale nei confronti dei propri allievi, colpevoli di aver infranto regole scolastiche, o di cittadini che passano con il rosso al semaforo o non pagano le tasse?
In questo contesto credo sia necessario restituire al mittente la parabola sulla Cittadinanza e Costituzione, per non correre il rischio di trovare qualche docente che si esima dall’insegnare - e ancor più valutare - Cittadinanza e Costituzione giustificando nei registri e nei documenti ufficiali la propria omissione in questi termini: “Non ci sono attualmente nel nostro Paese le condizioni per dare seguito a questo insegnamento!”.
L’area di insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” ha inteso recuperare tale patrimonio valoriale assumendolo come riferimento per qualificare la formazione scolastica: con il primo termine si voleva indicare “la capacità di sentirsi cittadini attivi, che esercitano diritti inviolabili e rispettano i doveri inderogabili della società di cui fanno parte” e con il secondo riferirsi al “documento fondamentale della nostra democrazia da cui trarre una mappa di valori utile per esercitare la cittadinanza a tutti i livelli”. Da qui l’analogia con l’anniversario dell’Unità d’Italia, il quale, dietro la retorica di facciata e il profluvio di iniziative e celebrazioni di cui siamo inondati in queste settimane, è stato teatro di aspri scontri politici ed ideologici, culminati nel deprimente balletto su “festività sì/festività no” a cui abbiamo assistito nei mesi scorsi. Balletto che ha rappresentato la cartina di tornasole, più chiara di tante parole, dell’ambivalenza con cui il nostro Paese ha vissuto questo anniversario e delle forti tensioni che indeboliscono l’identità nazionale e il comune riconoscimento in valori condivisi. C’è voluto Benigni, ovvero un comico, per far commuovere gli italiani di fronte al proprio inno nazionale...
Cittadinanza e Costituzione rischia di fare la fine del centocinquantesimo anniversario, ovvero diventare un’espressione vuota di significato e riempita solo di affermazioni retoriche?
Il dubbio deriva dal constatare la distanza siderale che separa lo spazio semantico evocato da Cittadinanza e Costituzione e il triste spettacolo a cui assistiamo giornalmente di scempio delle nostre istituzioni democratiche e dei valori della convivenza civile: violazioni dei principi costituzionali di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di rispetto delle regole democratiche, lotta aperta tra magistratura e governo o tra governo e Parlamento, spinte secessioniste e prevalere di interessi localistici tra loro contrapposti. E la scuola, come può predicare valori costituzionali e di cittadinanza in un contesto sociale e politico di questo genere?
È questa la contraddizione fondamentale che si vuole mettere in evidenza: la scuola pubblica non ha la forza di rappresentare un insieme di valori diversi ed antagonisti rispetto a quelli espressi dal contesto politico e sociale che l’ha istituita.
Con quale faccia un insegnante può parlare di convivenza democratica e principi costituzionali? Quali esempi può richiamare della nostra attualità politica? Come possono le sue parole non suonare retoriche e “vecchie” di fronte al nuovo che avanza? Chiunque si occupi di formazione conosce il valore educativo della testimonianza, soprattutto quando sono in gioco valori e comportamenti morali o sociali: non sono le parole, ma i comportamenti che parlano in questo campo. Anzi, se ci troviamo di fronte a messaggi contraddetti dalle azioni concrete l’effetto boomerang è assicurato, oltre alla perdita di qualsiasi credibilità.
In che modo un insegnante può richiamare un principio di uguaglianza e di responsabilità personale nei confronti dei propri allievi, colpevoli di aver infranto regole scolastiche, o di cittadini che passano con il rosso al semaforo o non pagano le tasse?
In questo contesto credo sia necessario restituire al mittente la parabola sulla Cittadinanza e Costituzione, per non correre il rischio di trovare qualche docente che si esima dall’insegnare - e ancor più valutare - Cittadinanza e Costituzione giustificando nei registri e nei documenti ufficiali la propria omissione in questi termini: “Non ci sono attualmente nel nostro Paese le condizioni per dare seguito a questo insegnamento!”.